"I caratteri" di Teofrasto! (non si è inventato nulla....già sapevano e capivano!!!!)

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blak.cat
00mercoledì 21 gennaio 2004 07:57
So che questo argomento non c'entra con la Stregoneria....ma è bello vedere come noi che ci crediamo ad un "livello" superiore non abbiamo inventato nulla quando già nel 300 a.c. sapevano.....se il gradimento sarà alto non smetterò con i primi ma arriverò sino al trentesimo "tipo".

Logicamente sono ben accetti paragoni con la realtà....o meglio commenti tipo: "Questo è proprio come Tizio, oppure come Caio".

[SM=g27828]


Teofrasto
I CARATTERI
Nuova traduzione dal greco di Edoardo Mori ©



NOTA DEL TRADUTTORE

Teofrasto nacque attorno al 371 a. C. in Ereso, sull'isola di Lesbo, e fu il principale allievo e collaboratore di Aristotele, di cui ne continuò la scuola dopo la morte, nel 322 a. C. Morì a 85 anni, circa nel 287 a. C.
L'opera che lo ha tramandato ai posteri sono "I Caratteri", scritta dopo il 319 a. C. ed assistita da costante fortuna nel corso dei secoli.
Per noi è fonte preziosa di informazioni sulla vita quotidiana ad Atene nel IV secolo e, a parte le notevoli qualità artistiche, documento culturale prezioso per farci comprendere l'immutabilità dell'animo umano e l'inevitabità dei suoi vizi e delle sue passioni, nel corso dei millenni.
Per la traduzione ho seguito il testo curato da Peter Steinmetz, Theophrast, Charaktere, Vol. I, Textgeschichte und Text, Monaco, 1960.
I Caratteri di Teofrasto non presentano particolari difficoltà stilistiche, visto che le tutte le frasi sono strutturate allo stesso modo, con alquanta monotonia; le difficoltà per il traduttore derivano dal fatto che in molti punti il testo greco è stato ricostruito in modo incerto, che Teofrasto è estremamente conciso e che il testo fa continuo riferimento ad usi della vita quotidiana di Atene, ovvi per il lettore di allora, ma difficilmente ricostruibili per noi.

Le parole tra parentesi quadre, sono (salvo diversa indicazione), mie aggiunte rivolte a facilitare la comprensione del testo, nel senso che mi è parso più probabile.


Primi 4 caratteri:

I
IL FALSO

La falsità (1) è dunque, secondo la definizione, la simulazione in peggio di fatti e di parole. La persona falsa è quindi uno che quando incontra i suoi nemici si mette a parlare con loro e non mostra il suo odio. Egli loda in faccia chi di dietro ha fatto a pezzi ed esprime la sua partecipazione a chi ha avuto la peggio [in un processo]. Mostra indulgenza con chi sparla di lui e per le brutte cose dettegli contro. Con le persone che hanno subito un torto e sono arrabbiate, parla in modo mite. Se uno ha premura di parlargli, gli fa dire di passare in un altro momento (2). Nulla fa sapere di ciò che sta facendo, ma dice che ci sta ancora pensando; fa sempre finta di essere appena arrivato, di aver fatto tardi, di non sentirsi bene. A coloro che lo pregano di un prestito o fanno una colletta, dice di non essere ricco (3), se vende (4) dice che non vende, se non vende dice di vendere. Qualunque cosa abbia sentito, nega; qualunque cosa abbia visto, dice che non lo ha visto, se ha fatto un'affermazione, dice di non ricordarsene. Di certe cosa ora dice che ci sta pensando, di altre che non sa bene, di altre che è proprio una sorpresa. di altre che quella era proprio la sua idea. Soprattutto egli è specialista nell'usar frasi del genere «non ci credo», «non capisco proprio», «sono stupefatto», «sei tu a dire che la cosa è andata diversamente», «questo a me non lo ha proprio detto», «la cosa mi sembra paradossale», «vallo a raccontare ad un altro», «proprio non mi è chiaro se non devo credere a te o se devo far torto all'altro», «stai attento a non dar fiducia troppo rapidamente!».
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1) I titoli nell'originale indicano non la persona ma la caratteristica astratta; per antica tradizione si usa però tradurre nel tipo di persona descritta; in questo caso il titolo originale è "eirõneia" che però nulla ha a che vedere con la nostra "ironia". È piuttosto l'arte di simulare, ma solo ai fini della propria tranquillità; noi diremmo forse che siamo di fronte ad una persona non impegnata. La prima frase è di difficile comprensione: forse Teofrasto vuol dire che questo tipo di persona accetta di essere stimato uomo da poco pur di non impegnarsi.
2) Ovviamente per potersi preparare
3) Altri leggono "dice di non essere in grado di..".
4) O, più genericamente, "se fa affari".





II
L'ADULATORE

L'adulazione potrebbe definirsi un comportamento riprovevole che giova all'adulatore. L'adulatore è una persona che trovandosi in compagnia di un altro dice: «Hai notato come la gente ti guarda? Questo nella nostra città non capita a nessuno salvo te; ieri sotto i portici (1) ti hanno lodato». E continua dicendo che più di trenta persone erano là sedute ed era caduto il discorso su chi fosse il cittadino migliore; e dal primo all'ultimo tutti avevano concordato su lui ed il suo nome. Così dicendo gli toglie un filo dal mantello e se per il vento gli finisce una pagliuzza fra i capelli, la toglie via e dice sorridendo: «guarda, in due giorni che non ti ho incontrato, hai la barba piena di peli bianchi, eppure per la tua età hai ancora capelli neri come nessun altro» . E quando Lui (2) inizia a parlare, l'adulatore subito impone agli altri di tacere, poi lo loda quando sa di essere udito ed esclama «giusto, verissimo», quando Lui finisce di parlare; egli ride di una sua freddura e si preme il mantello sulla bocca come se non riuscisse a frenare il riso. Quando incontrano dei passanti li fa fermare finché Lui sia passato. Ai bambini di Lui compra mele e pere, le porta con sé e le regala loro quando Lui può vederlo, li bacia e poi esclama «Frugoletti, che padre d'oro avete!» . Va con Lui a comperar le scarpe e dice che egli ha un piede più elegante dei sandali. Se Lui va in visita, l'adulatore corre avanti (3) e dice: «Ecco, Lui viene da te» e poi torna indietro per dire «Ti ho annunziato». Naturalmente si affanna anche per fare per lui compere al mercato delle donne (4) [e gli fa la spesa e noleggia flautiste (5)]. Quando sono a tavola è il primo a lodare il vino e continua a ripetere «quanto è squisito da te il vino» e prendendo qualche cibo dalla tavola esclama «ma quant'è buono!». E poi gli domanda se sente freddo, se non vuol coprirsi un po' di più e se per caso non gli deve mettere indosso qualcosa. Così dicendo si china verso di lui e gli mormora nell'orecchio e guarda verso di Lui rapito, anche se sta parlando con altri. In teatro toglie i cuscini di mano allo schiavo e li accomoda lui stesso sotto al compagno. E poi dice che la Sua casa è una bellissima costruzione, che i Suoi poderi sono come un giardino, che il Suo ritratto è parlante.
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1) Lo stoà di Atene, detto loggiato o portico del Pecile, era famoso.
2) Il testo usa il termine autòs (lui, esso stesso), impiegato dagli studenti per indicare il maestro o dai servi per indicare il padrone.
3) Compito riservato ai servi.
4) Parte del mercato ove gli uomini, salvo gli schiavi, comperavano di rado.
5) Testo presente solo in alcune versioni.





III
CHI PARLA A VANVERA

Il parlare a vanvera è l'espressione di discorsi lunghi e sconclusionati e il chiacchierone è uno capace di andarsi a sedere accanto ad uno sconosciuto e di cominciare a sciorinargli il panegirico della propria moglie. Poi gli racconta ciò che ha visto in sogno quella notte, poi passa in rassegna particolareggiata ciò che ha mangiato a pranzo. E poi, avviandosi, comincia a dire quanto siano peggiorato gli uomini moderni rispetto a quelli di prima, quanto sia calato di prezzo l'orzo sul mercato, quanti stranieri ci siano in città, e che il mare comincia ad essere navigabile dopo le feste Dionisie (1). E che se Giove facesse piovere un po' di più, sarebbe un gran bene per il raccolto. E che l'anno dopo si prenderà un campicello, che la vita è dura, che Damippo aveva portato la fiaccola più grossa alla feste dei Misteri, e quante colonne ci sono all'Odeon (2). E ancora «Ieri ho dovuto prendere l'emetico», «ma oggi che giorno è?», e che la festa dei Misteri è nel mese di Boedromione (settembre-ottobre), le Apaturie nel mese di Pianepsione (ottobre-novembre), le Dionisie campestri nel mese di Poseidone (dicembre- gennaio) (3). E se uno gli rimane vicino, non lo molla più.
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1) Le Dionisie urbane cadevano tra marzo ed aprile e riprendeva la navigazione, molto ridotta d'inverno.
2) L'Odeòn era un teatro coperto fatto costruire da Pericle.
3) Tutte cose ovvie, come dire che Natale è in dicembre.




IV
IL CONTADINACCIO

Il comportamento contadino è un'ignoranza incivile e il contadinaccio è uno che prima si beve una dose di Kukeon (1) e poi se ne va all'assemblea popolare. Egli sostiene che l'unguento di mirra non odora meglio del timo. Porta scarpacce molto più grandi del suo piede; quando parla, sbraita. Non si fida né degli amici né dei familiari, ma poi confida ai servi le cose più importanti; ai salariati che lavorano nei suoi campi racconta tutti gli affari dell'assemblea popolare. Si mette a sedere con il mantello rialzato fin sopra al ginocchio e mostra le sue parti nude. Per strada non si ferma a guardare nulla e non si stupisce di nulla, ma se vede un asino o un bue o un becco, si ferma incantato a guardarli. Quando va in dispensa a prendere qualcosa, la trangugia subito e ci beve sopra un bel po' di vino puro. Con la macinatrice di cereali se la intende (2) e poi va con lei a pestare il grano per sé e per tutta la famiglia. Mentre fa colazione va a buttare il foraggio al bestiame (3). Egli va da sé ad aprire la porta, chiama il cane, lo afferra per il muso e dice «ecco chi fa la guardia al podere ed alla casa» . Quando gli vengono restituite delle monete, le rifiuta, dicendo che sono tosate (4), e se le fa cambiare subito con altre. Se poi ha dato in prestito o l'aratro o un cesto o un sacco, va a richiederli anche di notte, se, svegliatosi, gli sono tornati in mente. Quando scende in città domanda al primo che incontra quanto costano le pelli o il pesce salato, se oggi si festeggia la luna nuova, e racconta subito che giù vuol farsi tagliare i capelli e poi cantare nel bagno pubblico, e far rinchiodare i sandali e, già che è per strada, comperar pesce salato da Archia.
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1) Era un beverone di vino, farina, miele, formaggio forte, menta e cipolla usato come purgante e che appesantiva notevolmente l'alito!
2) Frase poco chiara; la donna che pestava i cereali era una schiava che fungeva da cuoca.
3) Altri, più sensatamente leggono "mentre mangia, getta parte del suo cibo agli animali".
4) Il termine greco è "lebbrose" il che indica monete ruvide perché consumate o tosate.



Che ne pensate????


La mia collega (amatissima) è un miscuglio tra il primo ed il secondo tipo! Però moooooolto spesso passa anche al terzo! [SM=x131179] [SM=x131179] [SM=x131179]

shirvanshir83
00venerdì 23 gennaio 2004 11:59
Azz...una persona simpatica allora!!!![SM=g27828]
Dai dai dai, ne vogliamo altri!!!![SM=x131197]
blak.cat
00sabato 24 gennaio 2004 07:55
Provvedo oggi ad inserire qualcosa d'altro!

Grazie per l'apprezzamento! [SM=g27838]
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