Il fantasma del faro...

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LestatNotturno
00lunedì 13 febbraio 2006 01:41

Al largo delle coste del Maine, negli Stati Uniti, si trova una piccola isola, Seguin Island, poco più che uno scoglio, infatti è lunga meno di un chilometro, e su quest'isola è situato uno dei più antichi fari d'America, costruito nel 1795. Questo è uno dei posti più nebbiosi del Nord Atlantico ed un faro in quella posizione, munito anche di un potente corno da nebbia, era necessario per aiutare l'intensa navigazione a vela in quella zona. Ma non è per questo che ora l'isola è famosa, è conosciuta perché nel suo faro ci sono delle "presenze".

Si racconta che a metà del 1800 un truce episodio si verificò nel faro : il guardiano di allora uccise la moglie con un'ascia e poi rivolse l'arma verso di sé, uccidendosi a sua volta.

Questo omicidio/suicidio fece scalpore e fu detto che la causa scatenante era il fatto che la donna suonava sul pianoforte lo stesso, monotono motivo per ore e ore, senza interruzione e che questo abbia fatto saltare i nervi al guardiano, infatti, prima di scagliarsi contro la moglie, l'uomo aveva distrutto il piano. E' molto probabile che un ruolo importante in questo raptus di follia l'abbia giocato la solitudine in un luogo così remoto, dove raramente arrivava anima umana, sempre avvolti dalla nebbia, ma una cosa è certa : il guardiano non ha più abbandonato il suo faro.

George, questo era il nome del guardiano, continuò a salire e scendere la stretta scala a chiocciola della torre, a entrare nella sua casa e ad aggirarsi nelle sue stanze, sempre tormentato da quel motivo al pianoforte. Ben presto si rese conto che altri uomini avevano preso il suo posto e questo a lui non piaceva, così cominciò a manifestarsi, quando voleva lui, spaventando a morte i nuovi guardiani che abbandonavano l'isola al più presto. Ma altri arrivarono e qualcuno cominciò a parlare. Non sempre chi fa l'esperienza di incontrare un fantasma ne parla volentieri, la paura di non essere creduti o, peggio, di essere presi per visionari è grande, ma George era sempre lì e qualcuno raccontò di averlo visto fumare tranquillamente la sua pipa sul terrazzino fuori della lanterna, in cima al faro.

George si divertiva a giocare degli scherzi ai nuovi guardiani, buttava per terra le loro giacche appese all'attaccapanni, faceva sparire gli attrezzi dall'officina, per poi farli riapparire nello stesso posto dopo che erano stati cercati dappertutto, si faceva vedere dietro alle spalle di uno degli uomini quando, alla sera, si concedevano una pausa giocando a dama, oppure macchiava in qualche modo gli ottoni appena lucidati. Poi c'era il corno da nebbia che improvvisamente si metteva a suonare senza che nessuno lo avesse azionato, e gemiti e lamenti nelle stanze del guardiano e quel motivetto, suonato al pianoforte, quando nella casa non c'era alcuno strumento.

Così gli anni passavano e sempre più si sentiva parlare del fantasma del faro quando, nel 1985, la Guardia Costiera decise di automatizzare la lanterna e di smantellare la stazione. George vide arrivare gli uomini con una barca che trascinava una chiatta, li vide lavorare intorno alla lanterna, installare strumenti strani, ma vide anche che avevano imballato tutti i mobili della casa del guardiano per portarli via dall'isola. George non resistette e quella notte, mentre tutti gli uomini dormivano, il responsabile del gruppo fu svegliato di soprassalto dai sussulti del suo letto, e vide in piedi vicino a lui una figura vestita con una cerata gialla che lo pregava di non prendere i mobili, e di lasciare il cottage così come si trovava. Naturalmente l'uomo si spaventò a morte e saltò dal suo letto, rifugiandosi nella stanza vicina, ma il giorno dopo tutto era dimenticato e le operazioni di imbarco iniziarono. Tutti i mobili furono caricati sulla chiatta che si trovava su uno scivolo, dato che il faro si trovava a 60 metri di altezza, e piano, piano iniziarono a farli scendere verso il mare con l'aiuto di un motore quando, improvvisamente, il motore si fermò senza un motivo, la catena che tratteneva la chiatta si ruppe e tutto scivolò in mare, andando irrimediabilmente perduto.

Gli uomini della Guardia Costiera dissero in seguito che un evento simile, in simili circostanze, non si era mai verificato e che, inoltre, era assolutamente impossibile che la catena si spezzasse in quel modo, ma dovettero rassegnarsi e partire lasciando la casa del guardiano ormai vuota e abbandonata.

Nessuno va mai sull'isola ormai, solo i marinai di qualche nave che passa più vicina di altre hanno detto di avere sentito, nel silenzio della notte, le note di un pianoforte confuse con il soffiare del vento e di avere intravisto, contro la luce della lanterna, la sagoma di un uomo in piedi sul terrazzino fuori dal faro che fumava tranquillamente la sua pipa.

Fonte
Thishar
00martedì 28 febbraio 2006 07:26
Luoghi solitari, follia, morte e eterno tormento.... un mix d'impatto.

E voi riuscireste ora dopo aver letto la storia del faro e del suo George, abilmente riportata dal nostro Lestat dal suo punto di vista... ad avvicinarvi al faro e magari ad entrarvi?..
solitary man
00martedì 28 febbraio 2006 08:00
Re:

Scritto da: Thishar 28/02/2006 7.26
Luoghi solitari, follia, morte e eterno tormento.... un mix d'impatto.

E voi riuscireste ora dopo aver letto la storia del faro e del suo George, abilmente riportata dal nostro Lestat dal suo punto di vista... ad avvicinarvi al faro e magari ad entrarvi?..



quando si parte? [SM=x131282]
tazziana
00martedì 28 febbraio 2006 11:35
Chiamatemi quando arrivate [SM=x131256]
solitary man
00martedì 28 febbraio 2006 18:26
Re:

Scritto da: tazziana 28/02/2006 11.35
Chiamatemi quando arrivate [SM=x131256]



ti mandiamo un messaggio morse col faro [SM=g27824]
LestatNotturno
00sabato 4 marzo 2006 02:38
Re: Re:

Scritto da: solitary man 28/02/2006 18.26


ti mandiamo un messaggio morse col faro [SM=g27824]



[SM=x131203] [SM=x131203] al massimo utilizziamo il vecchio metodo del piccione viaggiatore chi si offre?? Ahhh bene Messere Palantir si è offerto per fare il piccione viaggiatore [SM=x131224] più che un piccione me sembri una gallina Sua Maestà [SM=x131297]


A parte gli scherzi... se si va in centoquindici... vengo volentieri [SM=g27832]
Eadaoin
00domenica 30 aprile 2006 16:12
Questa storia affascinante, che leggo soltanto ora..., mi riporta alla mente un'esperienza particolare che mi è accaduta anni fa, sebbene non insolita rispetto ai miei trascorsi in tal senso...
Nella cittadina di Agordo, in provincia di Belluno, ciò che colpisce maggiormente è la piazza in vago stile veneziano, mentre tutto il resto passa in secondo piano , soffocato dall'altera e solenne presenza alle sue spalle della Civetta, regno di free climbers ed arditi scalatori di rocce...
Prima di raggiungere il centro del paese si percorre una strada piuttosto stretta, sulla quale si affacciano case e negozi, dando un'impressione di eccessiva urbanizzazione di uno spazio angusto.
Molti anni fa, viaggiando in macchina assieme ai miei genitori in direzione Trieste, città natale della mia mamma, in quello che era per noi un viaggio ormai monotono e ripetitivo, avvicinandoci ad Agordo d'imrprovviso qualcosa mi spinse a spingere lo sguardo in una massa incolta di alberi, cespugli e sterpaglia che occultavano alla vista una casa ormai quasi completamente fagocitata dal bosco che preme da dietro. Provai una stranissima sensazione, come se qualcosa da dentro volesse slegarsi ed uscire, per ricongiungersi con ciò che era racchiuso da quella casa. Chiesi subito a mio padre di fermarsi e mi avvicinai al reticolato che circondava l'edificio, diroccato, cadente, ma bellissimo.
I miei osservarono assieme a me quella casa di inizio ottocento, perplessi e stupiti del mio interesse verso ciò che ai loro occhi appariva soltanto come un rudere insignificante, mentre io non riuscivo a staccar gli occhi dalla torre e da quell'ultima finestrella, lassù in alto..provando una strana e conturbante tristezza...
Quella casa divenne per me una vera e propria ossessione.
Continuavo a pensarci, e tutte le volte che ci passavamo davanti avevo bisogno di fermarmi a guardarla, avvertendo una sempre maggiore sofferenza, che non riuscivo a comprendere.
Decisi di voler saperne di più su quella casa, per cercare di capire per quale motivo mi avesse stragata a tal punto...Cosa mi dava un senso addirittura di appartenenza a quelle mura, perchè ero così ossessionata da quella torre e da quella finestra...
Telefonai allora al Comune di Agordo e stressai in maniera indicibile ogni persona mi passarono, avvertendo che nei confronti di quella casa c'era un senso di fastidio, come una presenza ingombrante ed imbarazzante, di cui nessuno voleva parlare.
Finalmente un'impiegata mi diede il nominativo della proprietaria dell'edificio, avvisandomi che non mi sarebbe stato facile rintracciarla nè tantomeno parlarle, in quanto viveva in uno stato di auto isolamento, dopo aver troncato rabbiosamente ogni legame , lasciando definitivamente Agordo.
Per giorni e giorni cercai quella donna sondando ogni terreno , spacciandomi ogni genere di persona pur di arrivare a lei...era come se una voce dentro mi dicesse che dovevo farlo, un'opera da compiere...che ne so..una sensazione indecifrabile.
Alla fine riuscii ad avere il suo numero di telefono e, agitatissima, chiamai.
Il telefono squillò a lungo, cadde la linea. Ricomposi il numero e attesi ancora. Ed ancora. Finalmente la cornetta dall'altra parte del filo si alzò.
Non rispose nessuno, ma lei c'era, lo sentivo, anche se non parlava.
Attimi interminabili di silenzio, finchè non trovai il coraggio e parlai. Come un fiume. Parole forse non mie, che nemmeno ricordo. Quando terminai, semplicemente, mi sbattè il telefono in faccia.
Chiamai di nuovo. E di nuovo la cornetta si alzò, e stavolta parlò. Dapprima urlando. Già. Mi riversò addosso una mole di rabbia che mi fece vacillare. Mi parlò di odio, di un passato da cancellare, di un'eredità che non aveva mai voluta, di morte e disperazione; mi parlò dell'incapacità di vivere, del desiderio di dimenticare, di una sofferenza profonda e cupa e poi pianse. Alla fine mi raccontò la sua storia, irrimediabilmente legata a quella casa.
A metà ottocento era la più signorile di Agordo, abitata da una famiglia agiata e fra le più rispettate del paese. Una famiglia apprentemente felice, una donna giovane e bella sposata ad un uomo maturo, elegante e di classe, bambini gioiosi che giocano nel lussureggiante parco attorno all'edificio, cameriere che curano ogni aspetto della loro vita, la reverenza dei compaesani. Un quadro perfetto.
Mentre la donna mi raccontava questa storia, d'un tratto mi parve di vedere, un'immagine che da offuscata si fece più chiara nella mente, ed i miei occhi anticiparono le sue parole.
Vidi la giovane donna con il pallido incarnato, il triste sorriso stentato su labbra morbide e neri capelli raccolti in un soffice chignon, un vaporoso vestito bianco che si macchia di rosso...e la torre, il buio di uno stretto corridoio, la ripida scala che porta lassù, a quella finestra...ed un salto nel vuoto.
Prima che lei raccontasse il tragico epilogo di quella storia, io avevo già tutto chiaro nella mia testa. Ed un senso di pacata rassegnazione si sostituì all'ossessiva voglia di sapere. Come un soffio che spegne una tremula fiamma, che non ha più ragione di ardere. Ora io sapevo. E sembrava che solo a quello dovessi giungere, che tutto quel percorso mi avesse condotta a sapere soltanto questo.
Era sua nonna. Suicidatasi prima dei trent'anni per un vile tradimento del marito, il quale non riuscendo a sopportare il dolore per quello che aveva causato, si era trasferito in un altro paese, abbandonando la casa e giurando che mai più alcuno ci avrebbe vissuto. Cominciarono a verificarsi degli strani episodi in quella casa, rumori, grida nella notte, chi giurava di aver persino visto il bianco fantasma aggirarsi dietro le finestre e precipitare giù dalla torre. Un senso di terrore si diffuse fra la gente, che di giorno cominciò ad infierire sull'edificio nella speranza di esorcizzare così la paura, rovinando le delicate decorazioni in stile liberty , piccole rose rosse dipinte sulle pareti, frantumando i finestroni policromi del salone lanciando sassi, distruggendo le piante del parco...riducendola a quel rudere che io avevo visto, ma che ai miei occhi forse appariva come lei, prima di morire, l'aveva fissato nel suo sguardo.
La condanna che era stata inflitta a quella casa, inevitabilmente ricadde anche sugli eredi, e quella donna aveva sofferto di profonde crisi depressive e solo nella solitudine aveva ritrovato parzialmente se stessa, sebbene ancora oscuramente succube di quel passato che, in un certo senso, le era costato l'odio e la diffidenza degli agordini.
Alla fine ci salutammo come se ci conoscessimo da tanto , tantissimo tempo, con una familiarità che non mi sorprese, e lei mi chiese di lasciarle il mio numero di telefono, cosa che feci.
Incomprensibilmente appagata sentii che ora potevo lasciar sopire quella smania di sapere che mi aveva condotta a quella donna.
Qualche mese più tardi ricevetti una telefonata. Una voce femminile si presentò come la moglie del fratello della donna con cui avevo parlato io e mi chiamava per ringrziarmi. Stupita le chiesi per quale motivo meritavo la sua gratitudine, e lei mi disse che suo marito da molti anni ormai non parlava più con la sorella, che i loro rapporti si erano logorati da tempo a causa delle liti su quella casa, che lui voleva tanto restaurare mentre la sorella , unica proprietaria, si ostinava a voler lasciare in quello stato di degrado. Ebbene, senza preavviso la donna si era rifatta viva con suo marito, riaprendo un insperato dialogo che li aveva portati a ritrovarsi, dopo tanto tempo. E la casa avrebbe ripreso a vivere dopo più di cent'anni, dal momento che aveva anche acconsentito al ripristino dell'edificio, permettendo al fratello ed alla sua famiglia di andare a viverci.
La ringraziai per avermi voluta rendere partecipe della cosa e mi sentii felice.
Da molto ormai non passo da Agordo, ma ho una fotografia scattata da mio padre , di quella casa riportata al suo antico splendore, nuovamente vitale e bellissima, e quando la guardo penso che se le storie di fantasmi veramente esistono, forse un'anima tormentata si è servita di me per placare una condanna scaturita da un gesto disperato, riportando la pace in una famiglia che troppo a lungo ha sofferto.
[SM=x131267]
Eadaoin
00domenica 30 aprile 2006 16:13
[SM=x131220]

[Modificato da Eadaoin 30/04/2006 16.15]

solitary man
00domenica 30 aprile 2006 16:24
Re:
wow... [SM=g27823]
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