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    ti61no
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    00 17/09/2008 01:45
    Lehman: Tremonti, e' finito un mondo



    (ANSA) - ROMA, 16 SET - Il fallimento di Lehman Brothers rappresenta 'un mondo che e' finito' con la globalizzazione finanziata dal debito, ha detto Tremonti al Tg1. Il ministro dell'Economia ha aggiunto che adesso 'occorre fare nuove regole e le regole devono farle i governi e le autorita' vietando i paradisi fiscali e i bilanci falsi delle aziende. Le crisi finiscono prima o poi e alla fine di questa turbolenza l'Italia sara' piu' forte di prima e piu' forte degli altri'.
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    ti61no
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    00 17/09/2008 01:47
    Draghi: è una delle crisi peggiori
    La crisi che stanno vivendo le banche è una delle peggiori della storia. Parola di Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia. Il numero uno di Palazzo Koch ha però precisato che il capitale delle banche è sufficiente a salvare il sistema da un crollo "sotto le soglie dei requisiti patrimoniali richiesti". Per affrontare la crisi, ha detto, serve "una più forte cooperazione e la condivisione delle informazioni tra autorità".

    Per affrontare la crisi, ha detto Draghi, serve "una più forte cooperazione e la condivisione delle informazioni tra le autorità sia nazionali sia transfrontaliere". E ha sottolineato inoltre come sia necessaria "una maggiore trasparenza". "Le sfide" ha aggiunto "saranno sostanziali: restaurare la stabilità dei prezzi per sostenere la crescita e garantire che i necessari aggiustamenti nei bilanci bancari e in quelli delle famiglie, oltre che la correzione degli squilibri mondiali, avvengano in modo ordinato". Secondo Draghi questo richiederà "un'azione sul fronte monetario, su quello fiscale e su quello normativo", oltre che un'azione decisiva sul fronte privato.

    Il governatore ha detto che il capitale delle banche è sufficiente a salvare il sistema da un crollo "sotto le soglie dei requisiti patrimoniali richiesti". Il capitale del sistema bancario a livello aggregato "è sufficiente, in uno scenario ragionevole, a preservare il sistema nel suo complesso da un crollo sotto le soglie dei requisiti patrimoniali richiesti". Secondo il numero uno di Via Nazionale però, "la distribuzione del capitale ovviamente ha rilevanza".

    ANCHE L'FMI NON ESCLUDE NUOVE TURBOLENZE LEGATE AL CASO LEHMAN

    Il Fondo monetario internazionale giudica gli sviluppi dell'ultimo fine settimana eventi da considerare "nel contesto di una ristrutturazione e di un consolidamento del settore finanziario, necessari a riportare efficienza nel settore". Ma riconosce che "la velocità e la portata di questi eventi ha aggiunto nuove incertezze nel breve termine che impediscono di escludere ulteriori turbolenze finanziarie".

    Ad affermarlo in una nota è il vicedirettore dell'Fmi, John Lipsky, che ha valutato positivamente "le misure prese dalle banche centrali per aiutare la liquidità disponibile".

    Lipsky ha ribadito che il Fondo "continua a prevedere una graduale ripresa della crescita globale nel 2009, nonostante gli ultimi sviluppi rappresentino un potenziale aumento dei rischi per le stime future".

    "Gli esperti dell'Fmi sono in continuo contatto con i Paesi membri" ha detto Lipsky "per aiutarli a valutare e far fronte alle implicazioni per le loro economie degli effetti delle ultime turbolenze".
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    ti61no
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    00 17/09/2008 01:50
    Crisi Aig, Borse spaventate
    Dopo il crack di Lehman Brothers, adesso le Borse di tutto il mondo sono terrorizzate dall'ipotesi fallimento di American International Group (Aig), il gigante delle assicurazioni che rischia di portare i libri in tribunale. Il colosso ha 74 milioni di clienti nel mondo ed è attivo in 130 Paesi, con 116mila dipendenti. E ha bisogno di trovare 75 miliardi di dollari per sopravvivere.

    Fondata a Shanghai 89 anni fa da un americano di origine olandese, Cornelius Van der Starr, che arrivò in Cina con solo 300 yen in tasca nel 1919 dopo avere combattuto nella Prima Guerra Mondiale, Aig ha il quartier generale a New York dal 1949, anno in cui Starr lasciò la Cina per la rivoluzione, continuando a dirigere il gruppo fino alla morte avvenuta nel 1968.

    La compagnia e' stata a lungo il numero uno mondiale dell'assicurazione, ma negli ultimi anni è scivolata al terzo posto, dietro a Ing e Allianz. Nella classifica dei maggiori gruppi mondiali di Forbes è invece al 18esimo posto. Nel 2007 contabilizzava asset per 1.060 miliardi di dollari, ma negli ultimi mesi le svalutazioni ha effettuato svalutazioni per 25 miliardi.

    La raccolta premi lo scorso anno aveva totalizzato 110 miliardi. Il suo attuale numero uno è Robert Willumstad, 62 anni, che ha sostituito a giugno Martin Sullivan, messo alla porta a causa dei crescenti problemi finanziari del gruppo. Sullivan a sua volta aveva preso nel 2005 il posto di Hank Greenberg, figura carismatica nel mondo finanziario Usa e internazionale, che aveva preso le redini del gruppo dopo Starr. Aig è attiva nei settori danni, vita, previdenza, risparmio gestito e nei servizi finanziari. Proprio dalla filiale nei servizi è diretta la International Lease Finance Corporation (Ilfc), società di leasing aereo che è il principale cliente di Airbus e Boeing e gestisce una flotta di oltre 900 aerei per un valore di 50 miliardi di dollari.

    Il titolo Aig era scambiato in Borsa intorno ai 2,60 dollari, in calo del 50% rispetto a lunedì e contro i 68 dollari di un anno fa, mentre il mercato si interroga sul suo immediato futuro. Bersagliata dalle bocciature delle agenzie di rating, la compagnia è impegnata in una lotta contro il tempo. Secondo il governatore dello Stato di New York, dove Aig è uno dei maggiori datori di lavoro, Aig ha solo un giorno di tempo per recuperare i 75-80 miliardi di dollari necessari per sopravvivere. L'ex numero uno Greenberg ha avvertito che un crack di Aig scatenerebbe una crisi sistemica e gli analisti sottolineano che anche l'impatto sociale sarebbe inaccettabile, dato il ruolo di Aig nella previdenza. Ma la Fed e il governo Usa restano per ora in silenzio.
  • giugiu@
    00 18/09/2008 14:10
    Crisi AIG: il Manchester United trema assieme al suo sponsor

    La vedete l’immagine qui sopra? Ritrae alcune star del Manchester United, tra cui Rooney e Cristiano Ronaldo, Sir Alex Ferguson e i dirigenti del gruppo assicurativo bancario americano AIG. Risale a circa un anno e mezzo fa, quando gli americani riuscirono a convincere i Red Devils a firmare un contratto di sponsorizzazione di quattro anni, sostituendo la Vodafone che aveva rescisso il suo con due anni di anticipo.

    Quella sponsorizzazione è entrata alla storia come una delle più ricche di tutti i tempi per il mondo del calcio, 56,5 milioni di sterline (circa 72 milioni di euro), il che equivale a qualcosa come 18 milioni di euro a stagione. A quell’epoca il contratto più ricco al mondo lo aveva la Juventus con Tamoil (20 milioni di euro a stagione), mentre in Inghilterra l’invidiabile record era del Chelsea di Abramovich con 12 milioni di euro stagionali.

    Il periodo di vacche grasse per lo United però potrebbe subire una brusca frenata. La crisi finanziaria originatasi in USA ha coinvolto anche il gruppo AIG, è intervenuta la Fed, la banca federale di stato, che per evitare il fallimento del gruppo assicurativo ha emesso un prestito di 85 miliardi di dollari in cambio del 79,9% delle azioni del colosso che di fatto è passato nelle mani dello stato. Come si ripercuoterà questa vicenda sugli inglesi non è ancora chiaro.

    Un portavoce della famiglia Glazer, i proprietari del Manchester, ha fatto sapere con un comunicato che la società è solida e sana e quindi non ci saranno ripercussioni in caso di annullamento della sponsorizzazione. Sicuramente non ci sono dubbi sulla forza economica dei Red Devils ma più di 20 milioni di euro in meno non sono uno scherzo e sicuramente influiranno sui progetti futuri della squadra. In una situazione analoga si trovo mesi fa il West Ham che, con il fallimento della compagnia aerea low cost XL Leisure, subì un forte scossone societario che portò addirittura ad un cambio di proprietà.

    D’altra parte ottimisticamente si può pensare che una squadra come quella di Ferguson, la prima al mondo per quanto riguarda la diffusione del suo brand, non avrà troppe difficoltà a trovare un nuovo ricco sponsor. Nei prossimi mesi ci sarà il mondiale per club ed è certo che chiunque farebbe follie per imprimere il proprio marchio sulle casacche rosse. [SM=x1322615]
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    ti61no
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    00 21/09/2008 01:16
    Caso Lehman: questa volta l'Italia è stata brava
    Questa volta siamo stati bravi. È sempre difficile dirlo in Italia: siamo un popolo che ama diffidare di se stesso, probabilmente con qualche ragione. Questa volta però sembra davvero che banche, fondi, assicurazioni nazionali siano stati più accorti dei loro colleghi esteri. Sembra proprio che abbiano schivato come già per i subprime i titoli pericolosi di Lehman e che alla fine la loro esposizione diretta o indiretta in azioni o obbligazioni del gigante morente americano sia assai più limitata di quella di molti concorrenti esteri.

    Basta per esempio confrontare le esposizioni di Generali, 110 milioni al massimo su titoli di debito Lehman, con quelle di Aviva, la più grande compagnia assicurativa britannica, che ha ammesso di avere un debito da circa 340 milioni di euro, che poi sia in gran parte debito senior e non subordinato rende solo parzialmente più semplice la situazione dell’insurer d’Oltremanica. Nel rimpallo globale di obbligazioni, azioni e derivati made in Lehman l’Italia sembra mantenere, per fortuna, un ruolo marginale. La Banca d’Italia, dopo avere verificato le posizioni degli operatori, ha giudicato marginali le esposizioni del Bel Paese alla crisi di Lehman.
    La situazione appare insomma assai più grave altrove. Soltanto sul mercato giapponese, per esempio, le esposizioni delle banche locali correlate alla mina Lehman sono state stimate in circa 3 miliardi di dollari.

    Se si guarda ancora al settore bancario si scopre che big del credito all’italiana come Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno, almeno in base ai comunicati ufficiali, esposizioni in obbligazioni Lehman per 300-400 milioni messe assieme. In Francia il Credit Agricole, da solo, ha calcolato in circa 250 milioni o poco meno il costo della soluzione alle esposizioni in titoli Lehman e collaterali. Bnp Paribas ha esposizioni di questo tipo per circa 400 milioni di euro. Anche il gigante assicurativo d’Oltralpe Axa ha calcolato in circa 300 milioni di euro le proprie esposizioni verso la banca Usa.

    Se si va in Gran Bretagna, il panorama non migliora di molto. Mercoledì scorso un legale del Royal Bank of Scotland ha dichiarato che la banca per cui lavora dovrà affrontare una valanga di reclami per un totale di richieste che dovrebbero aggirarsi tra gli 1,5 e gli 1,8 miliardi di dollari.

    Rispetto a certe cifre astronomiche in fondo la situazione italiana appare assai più gestibile almeno per il momento. La nuova mossa del Tesoro americano ha dato lo sprint alle borse globali. Il ministro del Tesoro americano Henry Paulson ha annunciato un primo intervento da 50 miliardi di dollari subito e spiegato che in futuro si interverrà su questa tempesta con centinaia di miliardi di dollari (oltre mille secondo un senatore repubblicano). Si tratta di misure estreme già sperimentate negli anni ’80 e in queste ore il presidente Bush sta spiegando la situazione al popolo americano. I timori apocalittici che fino a ieri turbavano i broker di mezzo mondo sembrano in parte più lontani, grazie al decisionismo della Fed e di Washington e ai rimbalzi sostanziosi delle borse. Resta solo da capire quanto ancora l’economia globale dovrà pagare all’azzardo morale dei maghi di Wall Street. Che il conto non sia stato ancora del tutto saldato rimane infatti indubbio.


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    ti61no
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    00 24/09/2008 00:57
    Lehman: rischiano 40mila italiani
    (ANSA) - ROMA, 23 SET - Sono 40.000 i risparmiatori italiani coinvolti nel crack Lehman Brothers e che ora rischiano di veder bruciati oltre un miliardo di euro. Lo rende noto il Codacons spiegando che per questo ha deciso di presentare una denuncia penale e preparare una class action contro banche e societa' di rating, in favore dei risparmiatori coinvolti.
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    anto.73
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    00 30/09/2008 18:55
    Crisi finanziaria, che fare dei nostri soldi
    Il tonfo delle borse fa pensare al peggio. Qualcuno evoca il '29. Ma i meccanismi di difesa del sistema attuale sono più efficaci. E i nostri risparmi più protetti




    Magari siete dei maghi della finanza e avete tutto chiaro: cause, effetti e rimedi. Se è così, buon per voi. Ma, diciamolo, siete delle mosche bianche. La stragrande maggioranza dei risparmiatori si chiede smarrita che cosa sta succedendo all'economia mondiale. E più concretamente ai propri soldi. Da anni si parla di globalizzazione dei mercati, da anni chiunque può investire il proprio denaro dall'altra parte del mondo. Le possibilità di guadagno si sono allargate vertiginosamente. Ma anche i rischi. E un terremoto finanziario in America può facilmente avere conseguenze anche per la cassa di risparmio sotto casa. Ma quanto rischiamo davvero? Cerchiamo di ripercorrere velocemente gli eventi delle ultime settimane e i possibili scenari futuri.

    La crisi del capitalismo?

    Qualcuno l'ha definita la peggiore crisi economica dopo quella del '29. Anche in questo caso parte in America. E' di un anno fa il crack dei cosiddetti mutui subprime, una crisi mai digerita dal sistema economico americano. L'onda lunga arriva a questi giorni con una successione di eventi allarmante: l'8 settembre il governo americano corre in soccorso dei due giganti del mercato finanziario immobiliare, Fannie Mae e Freddie Mac: denaro pubblico per coprire un buco di 1.600 miliardi di dollari. Passa una settimana e tocca a Lehman Brothers, una delle principali banche d'affari al mondo: 613 miliardi di dollari di debito. Ma questa volta il salvagente pubblico non arriva e la banca è costretta al fallimento. Altre 48 ore e il Tesoro americano viene in soccorso all'Aig, il primo gruppo assicurativo mondiale: 85 miliardi di dollari dei contribuenti per evitare una crisi ancora maggiore di quella immobiliare. L'ultimo scossone è di ieri: il Congresso americano boccia un piano di salvataggio da 700 miliardi di dollari. La notizia fa crollare le borse di tutto il mondo. E potrebbe non essere finita qui...

    L'Italia è al sicuro

    Che cosa succederà nel resto del mondo? Ci saranno ripercussioni anche in Italia? La situazione non è certo rosea ma sono in molti a dire che non c'è il rischio di una crisi economica mondiale come quella del '29. Alberto Alesina, docente di politica economica ad Harvard, intervistato da Il Sole 24 Ore, sostiene che oggi esistono e funzionano strumenti di tutela del risparmio (come le garanzie sui depositi) che allora non erano neppure immaginabili. Inoltre le autorità economiche non stanno ripetendo gli errori che fecero nel '29 e che estesero la crisi finanziaria anche all'economia reale. I salvataggi "mirati" - in alcuni casi sì e in altri no - servirebbero proprio ad arginare la crisi dove potrebbe diventare contagiosa senza snaturare le logiche di mercato. "Non si vuole lanciare il pessimo messaggio che qualsiasi cosa succeda il salvataggio pubblico è comunque assicurato e che fallire è impossibile", avverte Francesco Vella su lavoce.

    E i nostri soldi?

    Resta da chiedersi dove investire i nostri risparmi ora che anche il vecchio mattone è in crisi. In un momento di incertezza è bene puntare sulla liquidità dell'investimento cioè sulla possibilità di disinvestire velocemente e senza perdite. E' il momento del successo dei conti di liquidità, cioè quelle forme di deposito bancario (soprattutto online) che offrono un interesse leggermente superiore ai conti correnti standard: non sono certo i guadagni ottenibili (in teoria) con investimenti a rischio più alto, ma mettono al riparo dall' inflazione il potere d'acquisto del nostro denaro e garantiscono un piccolo margine.

    Le banche italiane in ogni caso non corrono particolari rischi essendo ai margini della tempesta: se la cavano con un calo del loro valore di Borsa, a volte anche consistente, ma inferiore a molte altre banche europee. Inoltre è bene ricordare che i depositi bancari sono coperti dalla garanzia di un Fondo interbancario fino a 103 mila euro per ogni singolo conto corrente. Insomma, con tutta probabilità non vedremo i risparmiatori nel panico in coda agli sportelli. (A.D.M.) [SM=g27996] [SM=g1658263]

    [SM=x1322615]



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    ti61no
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    00 30/09/2008 22:14
    I depositi bancari sono coperti...no problem [SM=x1322622]
    ma chi possiede azioni son [SM=g1658263] caxxi [SM=g1658258]
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    ti61no
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    00 07/10/2008 12:10


    Ieri, era solo l’inizio della fine: e senza stare a lesinare sui toni apocalittici, credetemi, c’è da aver se non paura, una discreta dose di terrore. Da dove possiamo partire? Partiamo da Milano - che stamattina sta leggermente crescendo, + 1,96% - da piazza Affari, dove nella giornata di ieri le telefonate ai trader avevano un solo senso. Vendere.

    Vendevano tutti: il risultato è stato un crollo verticale che non si vedeva dal 30 dicembre 2002. Per capirci, anche l’undici settembre il Mibtel era sceso meno, rispetto a ieri. Ma non guardiamo nella nostra piazzetta, guardiamo anche altrove - qui un pezzo di Le Monde -: tutte le borse europee crollano, quelle asiatiche, che hanno chiuso poche ore fa, sono ancora tutte in costante ribasso, come potete vedere dalla gallery.

    I motivi della crisi? Non voglio stare a insistere sulla faccenda della profezia che si autoadempie, ma sempre lì siamo. I piani dei governi europei, partoriti per tranquillizzare i mercati hanno sortito l’effetto esattamente opposto: proprio come la lettera inviata da Unicredit in cui si invitava al “Niente panico, siamo solidi!”, ha scatenato il panico.

    Un intervento interessante c’è sul Foglio di ieri, in cui si sostiene in estrema sintesi la necessità di una recessione, lo spettro - ma è davvero uno spettro? - che era stato allontanato per anni con politiche monetarie sciagurate che ci hanno portato fino al disastro di questi giorni. Il vecchio Tom Wolfe aveva capito tutto, e noi ve l’avevamo raccontato: armageddon finanziario, ma aveva sbagliato solo di qualche giorno.
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    ti61no
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    00 09/10/2008 00:04
    Ancora un crollo per il listino azionario italiano nonostante il taglio dei tassi

    Niente da fare. I mercato azionari europei, Piazza Affari compresa, sono crollati anche nella sessione infrasettimanale, in una seduta ancora una volta caratterizzata dall'estrema volatilità che ha condotto gli indici a una vera e propria schizofrenia, ma che puntualmente si è chiusa in profondo rosso. In Italia il Mibtel ha ceduto il 5,72% a 16.793 punti e l'S&P/Mib40 il 5,71% a 22.274 punti. A nulla è valsa la mossa concertata delle banche centrali mondiali che, con l'eccezione dell'istituto giapponese, hanno deciso di tagliare i rispettivi tassi di interesse chiave di 50 punti base. Così, la Federal Reserve americana ha portato il costo del denaro all'1,5%, mentre la Banca centrale europea (Bce), sollecitata con intensità sempre maggiore dopo il recente nulla di fatto sul fronte tassi, lo ha ridimensionato al 3,75 per cento. Come ha spiegato una nota congiunta, la mossa riflette "il recente intensificarsi della crisi finanziaria" che ha "aumentato i rischi di rallentamento dell'economia e al tempo stesso ha diminuito le pressioni inflazionistiche".
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    ti61no
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    00 09/10/2008 21:44
    Domani a Piazza Affari: la rottura dei minimi farà sprofondare ancor di più l'S&P/Mib
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    ti61no
    Post: 1.803
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    00 09/10/2008 22:04
    Crisi Usa: forse è il caso di ricordare Charles Dow
    Charles Dow, il padre dell’analisi tecnica finanziaria, sosteneva nella sua prima legge che il mercato sconta tutto. I prezzi degli indici del mercato azionario riflettono insomma tutto quello che è conosciuto sulle azioni che li compongono e non appena spunta una nuova informazione si muovo per adattarsi ai mutamenti che questa comporta. In un certo senso la crisi finanziaria globale che sta terrorizzando operatori finanziari e piccoli risparmiatori di tutto il mondo smentisce clamorosamente proprio questo assioma di Dow o, se si preferisce, lo vendica. Perché quello che ha generato questo terremoto della finanza globale che sta travolgendo l’economia reale è stato proprio la mancanza di informazioni. Le banche non sapevano cosa avevano in pancia, i titoli legati in varia maniera ai mutui subprime rimpallavano da un lato all’altro del pianeta senza che nessuno sapesse bene cosa maneggiava. Non è concepibile che le banche sapessero cosa ci fosse dentro i vari titoli salsiccia, abs e affini per il semplice fatto che molte di loro hanno pagato il conto di questa disinformazione con la bancarotta. Le banche, dunque, non sapevano, anche se, loro per prime, avrebbero dovuto sapere.

    Oggi la sfiducia è diventata tale che nessun istituto presta più niente a nessun altro collega. Tutti hanno paura di tutto in quanto non sanno più di cosa fidarsi: in altre parole ci si muove al buio ovvero in un contesto informativo non solo carente, ma anche insidioso. Un clima sconfortante che non viene alleviato dagli storici e massicci interventi di governi e banche centrali, ma si nutre di sfiducia ed è ormai arrivato a colpire i piccoli risparmiatori, quelli che, in ultima analisi, di solito alla fine pagano il conto per tutti.

    La sfiducia e la paura che tengono a livelli insostenibili l’Euribor e che fanno crollare i mercati azionari e con essi il sistema bancario e finanziario, si possono infatti combattere solo con la conoscenza. Una conoscenza che latita perché, se c’è una cosa che si è capita da subito, è che gli operatori più esperti maneggiavano da anni strumenti che non conoscevano e li vendevano a persone che ne sapevano meno di loro.

    In un certo senso la prima legge di Dow sta piegando in questi giorni i mercati adattandoli al nuovo contesto informativo. I crolli che ci hanno riportato ai drammi del 1929 e che proiettano nuvole buie sul futuro del pianeta, la crisi che spinge oggi il Fondo monetario internazionale a paventare una recessione globale e tutti gli altri brutti segnali dell’economia potrebbero essere il modo in cui drammaticamente gli indici iniziano a scontare le nuove informazioni. Insomma alla fine Charles Dow potrebbe avere ancora una volta ragione.

    D’altra parte era lui che descriveva gli andamenti di Borsa come delle maree. Molti oggi descrivono la crisi come uno tsunami finanziario riportando la mente proprio agli scritti del celebre economista americano di inizio ‘900. L’unica speranza potrebbe essere insomma quella di una nuova marea, d’altra parte di affidabile, forse, non c’è rimasto che la luna.

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    ti61no
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    00 10/10/2008 21:55
    Appuntamento al G7, ma potrebbe essere inutile
    Stanotte si riunirà il G7 per cercare di fare quello in cui hanno fallito le istituzioni americane, quelle europee e quelle internazionali finora intervenute nella crisi: dare una risposta globale a quella che è una crisi globale. La prima versione del piano Paulson ha, infatti, causato una spaccatura fra Governo e Parlamento Usa. Le riunioni del G4 di sabato scorso (delle quattro nazioni del G7 che fanno parte dell’Unione europea) e dell’Ecofin hanno poi nei fatti sancito la spaccatura dei governi europei sulle manovre da opporre alla crisi dilagante della finanza.

    Oggi un articolo del Wall Street Journal lancia l’ipotesi di un prossimo intervento del Governo statunitense che ponga sotto la garanzia di Washington e in particolare della Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), l’ente federale di assicurazione dei depositi, tutti i depositi Usa.


    Le cifre danno l’idea della sproporzione delle cifre in gioco. Attualmente la FDIC ha quasi 45 miliardi di dollari nei propri fondi per l’assicurazione dei depositi. Con questa cifra già deve garantire circa 5.200 miliardi di dollari di depositi americani.

    Se questa ipotesi del WSJ diventasse norma con quegli stessi 45 miliardi di dollari dovrebbe arrivare a coprire circa 7 trilioni di dollari (ossia 7 mila miliardi) di depositi bancari. Sarebbe l’ennesimo segnale di fiducia che le autorità Usa lancerebbero al mercato e potrebbe anche evitare che il panic selling o la fuga da diverse piccole banche americane verso i grandi gruppi causi altri fallimenti nel mondo del credito. Sarebbe di fatto anche una fotocopia di diversi provvedimenti dello stesso genere già attuati in Europa. Ma questo può bastare?

    Dirlo è praticamente impossibile, anche perché l’unica manovra realmente coordinata a livello globale degli ultimi giorni è stata quella del taglio di mezzo punto percentuale dei tassi d’interesse da parte delle maggiori banche centrali del mondo. L’effetto è stato praticamente nullo.

    I tassi d’interesse interbancari, ossia i tassi d’interesse che le banche applicano nei prestiti che si fanno fra di loro, sono rimasti di fatto invariati e quindi l’economia reale non ha potuto godere nessun vantaggio dal taglio dei tassi di sconto. Tutto questo porta al reale problema, ossia alla politica delle banche. Il fatto che l’Euribor e il Libor non abbiano reagito se non debolmente è indicativo.

    Gli unici tassi interbancari sia in euro che in dollari che sono leggermente scesi sono stati quelli a breve scadenza mentre già dal medio termine in su gli spread con i tassi di sconto delle banche centrali sono aumentati ancora. Questo significa che le banche scambiano il minimo possibile e che, in pratica, accumulano liquidità. Il fatto che gli operatori primari, ossia le banche che accedono alle aste delle banche centrali, prendano il denaro a basso costo (con tassi ridotti ancor di più dopo l’ultimo intervento da mezzo punto) ma operino con tassi elevati, mantenendo per esempio elevate le rate dei mutui o il costo del debito per le aziende, significa in pratica che fanno cassa sulle spalle dei loro clienti.

    In altre parole si fanno prestare il denaro a poco ma lo prestano a molto. Così probabilmente ammortizzano chissà quante perdite da svalutazione di asset più o meno visibili. Così drenano liquidità dai mercati e dall’economia reale. Così però scaricano anche su tutta l’economia il peso delle loro perdite. C’è da sperare che l’ingresso sempre più imponente degli stati nei loro fallimentari bilanci e magari nei loro consigli di amministrazione cambi rapidamente questo stato di cose. In fondo neanche le tasche di Pantalone, come dimostrano le capriole della Fdic americana e i malumori delle nazioni europee, sono sconfinate.
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    ti61no
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    00 13/10/2008 18:31
    Piazza Affari alla riscossa. Acquisti a piene mani su banche e Fiat
    Avvio di settimana in forte rialzo per i mercati azionari europei. Il rimbalzo e' stato favorito dall'accordo tra i paesi dell'eurozona per l'adozione coordinata di misure straordinarie anti-crisi da parte dei singoli stati: in particolare verranno ricapitalizzate le banche in difficolta', garantiti i prestiti interbancari e rivisti i metodi contabili per la valutazione degli asset.

    A Milano tirano un sospiro di sollievo le quotazioni dei principali titoli bancari, reduci da una corposa serie di ribassi. Intesa San Paolo (+15,8%) grazie al rimbalzo odierno torna in prossimita' dei 3,30 euro, livello dove troviamo l'ex supporto rappresentato dal minimo di luglio. Si tratta di un riferimento strategico in ottica di medio periodo dato che in caso di ritorno in pianta stabile dei prezzi al di sopra dello stesso verrebbero gettate le basi per assistere a un significativo miglioramento del quadro grafico. Nuovi segnali negativi alla violazione di quota 3.

    Gran denaro anche su Banco Popolare (Milano: BP.MI - notizie) (+16,7%) che ha probabilmente beneficiato anche del newsflow relativo alla controllata Banca Italease (Milano: BIL.MI - notizie) (+24,4%), che ha firmato una lettera di intenti con VR Leasing (gruppo DZ Bank) per la creazione di una jv nel leasing/factoring di cui la societa' tedesca avra' il 60% a seguito di un esborso di 369 milioni di euro.

    In recupero i petroliferi con Eni (Milano: ENI.MI - notizie) (+12,1%) che e' riuscita a colmare il gap ribassista lasciato aperto venerdi' scorso, condizione necessaria al fine di favorire un attacco alle resistenze a 16,40 euro. Il prezzo del future sul crude quotato al Nymex e' risalito dai 77,09 dollari/barile toccati venerdi' a 82,50 circa.

    Ottima performance per Fiat (Milano: F.MI - notizie) (+12,4%) dopo le dichiarazioni dell'a.d., Sergio Marchionne. Il manager ha detto che a settembre in Europa il Lingotto ha realizzato dati di vendita migliori rispetto a quelli dello stesso mese del 2007. Nonostante il bel progresso odierno la strada da percorrere prima che vengano inviati i primi concreti segnali rialzisti e' ancora lunga: solo con il superamento dei 9 euro si creeranno le premesse per un concreto tentativo di inversione.

    Molto ben intonati gli assicurativi con Fondiaria-Sai (+20,8%) che ha messo a segno un consistente balzo in avanti dopo il pesante affondo di venerdi'. Le quotazioni si sono avvicinate ai 14,75 euro, la prima resistenza significativa da oltrepassare al fine di assistere all'avvio di un rally in direzione di 15,30/40 almeno, con target successivo a 17.

    Poco brillante invece Generali (+4,6%). Il presidente, Antoine Barnheim, ha detto che la compagnia triestina e' interessata agli asset che AIG mettera' in vendita, ma c'e' il rischio che le aste che si svilupperanno possano portare molto in alto i prezzi di vendita. In tal caso Generali potrebbe ricorrere a un aumento di capitale per finanziare l'eventuale operazione.

    Indicazioni positive per Finmeccanica (Milano: FNC.MI - notizie) (+5,4%). La controllata Ansaldo STS (Milano: STS.MI - notizie) (+9,1%) ha firmato un contratto con QR Limited, societa' governativa che gestisce il sistema ferroviario dello stato australiano del Queensland, per la fornitura di strutture di segnalamento. I ricavi generati da questo accordo risultano pari a 130 milioni di euro nei prossimi cinque anni.
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    ti61no
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    Registrato il: 02/03/2006
    Utente Veteran
    00 15/10/2008 23:58
    Domani a Piazza Affari: molto alto il rischio di un nuovo massacro per l'S&P/Mib....vedi articolo clicca....qui [SM=g1658258] [SM=g1658258] [SM=g1658258]
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