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Ciclismo: Chi ha ucciso Marco Pantani?

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2007 17:26
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Mamma Pantani accusa:
"Me l'hanno ucciso"


Un libro del giornalista francese dell'Equipe Philippe Brunel mette in discussione i risultati dell'inchiesta sulla morte del Pirata. La signora Tonina sulla Gazzetta di oggi: "E' la conferma di quello che penso io, Marco dava fastidio". Leggi l'articolo completo

CESENATICO, 27 ottobre 2007 - "Me l’hanno ucciso. Nessuno conosceva Marco come me. So quello che dico e spenderò tutti i soldi che mi ha lasciato per arrivare alla verità". Mamma Tonina Pantani parla come Marco scattava in montagna. Un attacco, poi un altro, poi un altro ancora. La sua voce è più ferma, meno disperata. Sono passati 3 anni e 8 mesi dal 14 febbraio 2004, quando il Pirata venne trovato morto nella camera D5 al Residence Le Rose di Rimini. Quella stanza non c’è più. Il residence è stato completamente rifatto e il Processo Pantani si avvia alla conclusione con un manipolo di spacciatori che stanno per essere condannati per "omicidio colposo", come venditori delle ultime dosi.
CUORE SCOPPIATO - Sullo sfondo c’è la tesi del pm che parla di "overdose di cocaina", e dell’autopsia che parla di "suicidio involontario". In sostanza, Pantani avrebbe assunto così tanta cocaina che gli è scoppiato il cuore. Non era sua intenzione togliersi la vita. Ma così è andata. Gli hanno trovato cocaina nello stomaco e in bocca, come se avesse passato gli ultimi istanti mangiando quella polvere bianca alla quale si era aggrappato in un periodo, lungo, di depressione cosmica. Un libro, uscito quattro giorni fa in Francia, riapre il caso e dà valore alla tesi di mamma Pantani. Philippe Brunel, giornalista dell’Equipe e amico di Marco, ha lavorato per tre anni a "Vita e Morte di Marco Pantani", un libro inchiesta che presto sarà pubblicato anche in Italia. Brunel ricostruisce nei dettagli gli ultimi mesi, gli ultimi giorni, le ultime ore di Marco. E scopre alcuni dettagli che sono stati sottovalutati dall’inchiesta. Il libro pone alcune domande che meriterebbero risposte più approfondite.
COME UNA PAZZA - "Io lo dico fin dal primo giorno e sono stata trattata come una pazza — sbotta mamma Pantani —. Marco è stato ucciso e l’inchiesta deve essere riaperta. Ma non a Rimini. Ho passato l’intera estate a leggere gli atti del processo e sono sempre più sicura che è stato un omicidio. Marco dava fastidio a qualcuno". Tonina sta conducendo da mesi una sua indagine personale ricostruendo tutto quello che non quadra. "Intanto sono convinta che Marco sia morto tra le 11.30 e le 12. Non tra le 14 e le 17 come hanno sostenuto — dice —. E nella sua camera c’era qualcuno. Ha chiesto aiuto più volte. Ci sono le telefonate che ha fatto alla reception dell’albergo dalle 8.30 alle 10. Nell’ultima diceva: 'Chiamate i carabinieri, chiamate i carabinieri che qui ci sono persone che mi danno fastidio'. Mio figlio stava morendo e nessuno è intervenuto. Io credo che ci siano gli estremi per l’omissione di soccorso. E prima dell’intervento della polizia c’è un buco di ore, di molte ore nelle quali, in quella camera, è successo di tutto".
VERSIONI DIVERSE - Il libro di Philippe Brunel e così le testimonianze in tribunale sottolineano versioni diverse. "Il portiere dell’albergo ha detto che, quando è entrato, la camera era a posto. C’era soltanto un attaccapanni caduto. Chi ha fatto tutti quei danni alla stanza? Nel filmato della polizia c’è un casino totale. Marco non può essere stato perché le sue mani non presentavano nemmeno un graffio". C’erano invece segni sospetti sul corpo. "Marco aveva la faccia graffiata e un segno molto evidente dietro l’orecchio sinistro. Qualcuno può averlo costretto a mangiare droga. Accanto alla bocca e sotto il suo corpo c’era mollica di pane mista a cocaina. Qualcuno deve averla preparata. E quelle tracce di cibo cinese, che nessuno ha mai ordinato e Marco non ha mai mangiato in vita sua?".
PIÙ PERSONE - Mamma Tonina è convinta che, in quei giorni, più di una persona (lo spacciatore) sia entrata nella camera D5. "Altro che uno solo, come dicevano all’inizio. Qualcuno deve essere venuto anche da Milano, perché Marco era arrivato a Rimini con uno zainetto e una sola giacca. Mentre la polizia mi ha restituito una borsa con tre giacconi. Almeno due di quelli erano a Milano e qualcuno deve averglieli portati. Chi? Perché?". Ma quale sarebbe il movente? Perché lo avrebbero ucciso? "C’è la frase del capo degli spacciatori a uno dei galoppini che gli portavano la coca, che dice: 'Adesso dobbiamo risolvere il problema Pantani...'. Marco era un personaggio troppo noto e forse dava fastidio a qualcuno. E poi c’è il mondo del ciclismo che non lo amava e non voleva che tornasse a correre. Sapere quello che è successo davvero è diventato la ragione della mia esistenza. Voglio sapere chi c’era con lui e perché Marco è morto. Io non lo lascerò solo".

Pier Bergonzi
gazzetta.it

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24/11/2007 17:26
 
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a questo scusate ma credo ben poco... per me è morto secondo la prima versione dei fatti.... comunque grande rispetto per questa leggenda del ciclismo

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